COVID 19: i punti salienti che i datori di lavoro devono rispettare in ambito Sicurezza Sanitaria e Privacy in base agli ultimi DPCM.
L’avvio della FASE 2 dell’emergenza COVID 19 pone ulteriori condizioni al graduale ritorno al lavoro di milioni di lavoratori in materia di sicurezza sanitaria e di privacy.
Già con il primo DPCM del 14 Marzo si erano poggiate le fondamenta per garantire ai lavoratori, che rientravano nelle categorie escluse dal lock-down, le migliori condizioni di sicurezza possibili per prevenire il contagio da CORONAVIRUS. Misure che sono poi state confermate ed ulteriormente ampliate nel DPCM del 24 Aprile che apriva di fatto la FASE 2.
Il documento ha lo scopo di fare una sintesi di tutte le disposizioni e linee guida contenute nei decreti e nelle circolari collegate per fornire alle aziende un supporto pratico ed operativo, con particolare riferimento agli aspetti relativi alla Sicurezza Sanitaria ed a quello che ne deriva in relazione alla Protezione dei Dati Personali in base al Regolamento UE 2016/679 o Gdpr.
Nell’articolo sono inoltre scaricabili liberamente alcuni MODELLI e FAC-SIMILI già pronti per essere utilizzati.
Il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto il 14 Marzo ed aggiornato il 24 Aprile definisce le Linee Guida per agevolare le imprese nell’adozione delle misure di sicurezza per prevenire e contenere il contagio è molto ampio e riguarda diversi settori lavorativi.
Noi ci limiteremo ad esaminare le principali linee guida che possono interessare le aziende private che rientrano nella sfera privacy e salute:
Principali LINEE GUIDA incluse nei DPCM del 14 Marzo e 24 Aprile 2020
- la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo previa adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio idonei ad assicurare alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione;
- l’adozione del predetto protocollo è opportuno avvenga previo confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro e, per le piccole imprese, previo confronto con le rappresentanze territoriali e, altresì, previa condivisione con gli RLS e gli RLST;
- l’azienda deve informare tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità;
- il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro, può essere sottoposto al controllo della temperatura corporea;
- la rilevazione della temperatura corporea, costituendo trattamento di dati personali particolari, deve avvenire nel rispetto della disciplina in materia;
- è suggerita la mera rilevazione della temperatura e non la registrazione del dato acquisito; la registrazione avverrà quando sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali;
- occorre fornire l’informativa evidenziando, come base giuridica, l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio;
- occorre definire misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati, individuare i soggetti preposti al trattamento, garantire riservatezza e dignità nell’effettuare le operazioni di rilevazione del dato;
- i fornitori esterni, qualora sia necessario che facciano ingresso in azienda, devono sottostare a tutte le regole aziendali, comprese quelle relative ai controlli della temperatura corporea;
- vengano adottate specifiche misure di pulizia, sanificazione, precauzioni igieniche personali, dispositivi di protezione individuale, cautele organizzative, procedure di ingresso e uscita ad orari scaglionati;
- la sorveglianza sanitaria prosegua rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute;
- vadano privilegiate le visite preventive, le visite a richiesta e le visite da rientro da malattia;
- non vada interrotta la sorveglianza sanitaria periodica;
- il medico competente collabora con il datore di lavoro e le RLS/RLST nell’ integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19;
- il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy;
- il medico competente può suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori;
- è costituito in azienda un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali e del RLS.
Oltre a queste citiamo anche le misure tecnico-organizzative suggerite nel Protocollo del 3 Aprile:
- rimodulare l’organizzazione del lavoro e degli uffici al fine di ridurre fortemente la presenza del personale e dell’utenza(e dunque adottare modalità di lavoro agile, piani di turnazione o rotazione dei dipendenti, orari di ingresso e uscita scaglionati dei dipendenti e dell’eventuale utenza in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni);
- garantire le più opportune condizioni di salubrità e sicurezza degli uffici;
- laddove possibile, rendere anche le attività e i servizi indifferibili erogabili da remoto (in modalità di lavoro agile o attraverso servizi informatici o telefonici) o, se ciò non sia possibile, svolgere dette attività con appuntamenti cadenzati in sede prevedendo che il personale sia dotato di adeguati dispositivi di protezione individuale e che, nell’ambito della autonomia organizzativa, siano implementate azioni di sicurezza, anche di misura analoga a quelle riportate dal Protocollo del 14 marzo;
- contingentare l’accesso agli spazi e assicurare il mantenimento della distanza di sicurezza di almeno 1 metro tra le persone che li occupano:
- garantire, in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura o al pervenire di sintomi riconducibili al COVID-19, anche in momenti extra-lavorativi, la riservatezza e la dignità del lavoratore interessato dalla misura preventiva.
Gli impatti dei DPCM del 13 Marzo e 24 Aprile sugli aspetti Privacy
l’Informazione
Il Protocollo COVID del 14.03.2020 forniva, al punto 1 delle informazioni generali ed introduttive che riassumiamo di seguito:
PUNTO 1 del DPCM 14 Marzo 2020
- l’opportunità, ad esempio, di affiggere all’ingresso o nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali appositi dépliant informativi. Si tratta di informazioni che debbono essere ben visibili, prima di accedere alle aree del “posto di lavoro”.
- l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5 gradi) o altri sintomi influenzali e di informare il proprio medico di famiglia e l’Autorità sanitaria.
Il DPCM del 24 Aprile 2020 introduce queste importanti novità:
- “l’impegno a rispettare tutte le disposizioni dell’Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene)”.
- Al riguardo, circa l’obbligo di misurazione della temperatura, ad esempio nei Centri Commerciali, tali modalità potranno essere effettuate dal personale Autorizzato o, in mancanza, per il tramite di rilevazioni termografiche automatiche che consentano l’anonimizzazione dei dati.
Per TEMPERATURA rilevata >37,5° è necessario NEGARE l’ACCESSO in azienda da cui deriva una serie di impatti in materia di Privacy
per cui:
- l’azienda fornisce una informazione adeguata (informativa) sulla base delle mansioni e dei contesti lavorativi, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi in particolare sul corretto utilizzo dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuali) per contribuire a prevenire ogni possibile forma di diffusione di contagio.
Il LAVORO AGILE o “SmartWorking”: i risvolti sulla CYBERSECURITY
L’emergenza coronavirus, in Italia, ha provocato una vera rivoluzione per quanto riguarda le modalità di lavoro e la gestione della cyber security a livello aziendale. La situazione di isolamento forzato che stiamo vivendo e l’incentivazione da parte del Governo ad adottare strumenti di “Lavoro Agile” o “Smartworking” ha, di fatto, obbligato molte aziende a predisporre in tutta fretta sistemi per il lavoro in remoto, per consentire ai loro dipendenti di proseguire l’attività senza muoversi da casa.
Il riferimento è, in particolare, alle VPN, implementate in fretta e furia ma spesso senza una preparazione adeguata da parte dei tecnici per una loro configurazione che consenta di adottare una filosofia “zero trust” in grado di garantire un adeguato livello di sicurezza.
In una situazione già difficile, le aziende si trovano anche a fare i conti con un aumento esponenziale degli attacchi informatici. I pirati informatici, infatti, stanno cercando di sfruttare in ogni modo la situazione per trarne vantaggio, anche sfruttando la stessa pandemia come “esca” per i loro attacchi.
Gli attacchi più diffusi sono quelli basati su tecniche di phishing, che spesso fanno riferimento ad applicazioni ludiche come Netfix o a software di videoconferenza come Zoom, ma anche quelli che sfruttano le vulnerabilità dei dispositivi usati per le connessioni da casa, spesso di proprietà del lavoratore e, per questo, con requisiti di sicurezza più bassi rispetto ai dispositivi aziendali.
Chi LAVORA da CASA deve avere STANDARD di SICUREZZA più ELEVATI!
Alcuni CONSIGLI per aumentare il LIVELLO di SICUREZZA degli “SmartWorker”:
- Disincentivate l’utilizzo di dispositivi personali (Byod) e dotate lo “Smartworker” di dispositivi aziendali o comunque KIT già predisposti dall’azienda e non liberamente modificabili dall’utente;
- Per connessioni ai server aziendali abilitate VPN con protezioni che garantiscano alti livelli di security (mediante firewall di fascia adeguata e configurati correttamente);
- Stabilite Policy aziendali per l’uso di password complesse e difficili da violare per le connessioni da remoto (consigliata l’autenticazione a due fattori es password+sms o password+token fisico);
- Disabilitate la navigazione libera ed incontrollata su Internet al di fuori dei siti utili per il lavoro;
- Utilizzate soluzioni di videoconferenza evitando possibilmente quelle “free”;
- Limitate le credenziali da “Amministratore” (in particolare per chi lavora da remoto) solo per gli utenti che non ne possono fare a meno;
Modalità d’INGRESSO in AZIENDA
Tra gli obblighi che l’Azienda deve osservare, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, vi è quello di informare tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo cartelli informativi all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali.
Il CARTELLO da affiggere in azienda deve contenere le seguenti ISTRUZIONI:
- l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sintomi influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria;
- l’obbligo di dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano condizioni di potenziale pericolo (sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc). In tali casi, infatti, i provvedimenti dell’Autorità impongono di informare il medico di famiglia e l’Autorità sanitaria e di rimanere al proprio domicilio;
- l’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del Datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene);
- l’impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti;
- l’ingresso in azienda di lavoratori già risultati positivi all’infezione da COVID 19 dovrà essere preceduto da una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica da cui risulti di essersi sottoposto al tampone e di aver avuto esito negativo, secondo le modalità previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza.
PUNTO 2 del DPCM del 24 Aprile 2020
La più importante novità introdotta nell’ultimo DPCM è la “raccomandazione” di rilevare la temperatura corporea prima di entrare in azienda ovvero:
- “Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro”. Tale prescrizione sarà da attuare sia per i Clienti sia per tutti i soggetti — prestatori d’opera — i quali prestino la propria attività professionale nei locali aziendali, vale a dire tutti i Collaboratori anche non alle dipendenze dell’Organizzazione.
- Modalità di accesso dei fornitori esterni o terzi: dovranno essere individuate procedure di ingresso, transito e di uscita, al fine di ridurre le occasioni di contatto con il personale, garantendo la distanza personale di almeno un metro. Si dovrà limitare l’ingresso di visitatori esterni e si dovrà prevedere servizi igienici dedicati a tali persone, diversi da quelli utilizzati dai dipendenti.
ADEMPIMENTI del DATORE DI LAVORO in materia di Trattamento Dati Personali
Focalizzandoci sugli aspetti relativi alla Privacy, pur non tralasciando aspetti maggiormente pertinenti alla sicurezza (D.lgs. 81/2008), come ad esempio la necessità di redigere un DVR ovvero il Documento di Valutazione Rischi da epidemia COVID-19, il datore di lavoro si trova quindi necessariamente a dover trattare dati personali e dati sanitari provenienti:
- dalla rilevazione della temperatura corporea dei propri dipendenti oppure dalla sopravvenuta positività o sospetta tale da COVID-19 nelle forme conosciute;
- dalla comunicazione resa dal dipendente di aver avuto contatti, al di fuori del contesto aziendale, con soggetti positivi al COVID-19 o, per contro;
- dalla comunicazione della sua negatività, attraverso una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico;
- dalla comunicazione, attraverso una dichiarazione, in merito all’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19;
- da misure da porre in essere per la gestione di una persona sintomatica in azienda.
Informativa Privacy
Come ogni trattamento dati il Datore di lavoro (Titolare del trattamento) deve fornire la relativa INFORMATIVA (Art. 13 del Gdpr) che, nel DPCM, è indicato che potrebbe anche essere fornita oralmente ma, in osservanza del principio di Accountability, si raccomanda di fornirla per iscritto, sempre nell’ottica della massima trasparenza e nel caso si debba poi documentare.
Gli ELEMENTI ESSENZIALI che deve contenere l’informativa Privacy, così come sono indicati nel DPCM per il COVID-19, sono:
- la finalità del trattamento individuata nella prevenzione dal contagio da COVID-19;
- base giuridica sarà l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020;
- termine di conservazione dei dati per il quale occorrerà fare riferimento al termine dello stato d’emergenza, fatta salva la tutela dei diritti in sede giudiziaria, per obblighi normativi o per espressa richiesta dell’interessato.
Registro dei Trattamenti e Valutazione d’impatto
Una volta predisposta l’informativa sul trattamento dei dati andrà di conseguenza aggiornato il registro dei trattamenti (art. 30 gdpr) con l’aggiunta dei nuovi trattamenti che il Titolare intende adottare e la relativa valutazione d’impatto che dovrà tener conto della natura particolare dei dati personali trattati.Si precisa che la valutazione d’impatto (DPIA) dovrebbe essere condotta in merito all’adozione di strumenti sofisticati che adottano tecnologie biometriche come, ad esempio telecamere a infrarossi, Termoscanner automatici, o rilevatori di mascherine.
MISURE ORGANIZZATIVE e di RISERVATEZZA
Sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro le istruzioni necessarie.
A tal fine, si ricorda che i dati possono essere trattati esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da COVID-19 e non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo al COVID-19).
Nei seguenti CASI SPECIFICI di trattamento:
- ISOLAMENTO MOMENTANEO – dovuto al superamento della soglia di temperatura;
- CONTATTI con soggetti risultati POSITIVI al COVID-19 – comunicato dal dipendente all’Ufficio Responsabile o all’incaricato designato del trattamento;
- ALLONTANAMENTO dal LAVORO durante l’attività lavorativa – nel caso il lavoratore sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria.
Oppure in caso di:
- DICHIARAZIONE attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19
- Rispetto del Principio di limitazione della finalità (art. 5, par. 1, lett. b), GDPR): il Protocollo ricorda che i dati possono essere trattati esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da COVID-19 e non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative. Il trattamento per la finalità sopraevidenziata appare una esplicita deroga al divieto ex art 9, par. 1, GDPR di trattare le categorie particolari di dati personali – tra le quali i dati relativi alla salute – riconducibile al caso del par. 2, lett. b), dello stesso articolo.
MEDICO COMPETENTE e DATORE di LAVORO: come cambiano i ruoli con l’emergenza COVID 19
Il DPCM del 14.03 e successivi investirà il Medico Competente di maggiori compiti e responsabilità in quanto dovrà collaborare in maniera proattiva ed istruire il Datore di Lavoro sulle misure da adottare nell’ambito del Protocollo di Sorveglianza sanitaria.
Il Datore di lavoro dal canto suo dovrà sollecitare, se necessario, il Medico, in merito all’approvazione della lista delle misure poste in atto per ridurre le possibilità di contagio.
Infatti la definizione del Protocollo di Sorveglianza Sanitaria è a diretto carico del Medico il quale riveste un ruolo fondamentale nella definizione delle misure.
La misurazione della temperatura corporea o altre misure similari, applicate al fine di consentire l’accesso ai locali aziendali, può dirsi legittima e doverosa qualora vi sia una indicazione del medico competente che prescriva una tale misura come idonea a prevenire il rischio secondo criteri e modalità di diligenza e prudenza.
Peraltro, la sola operazione di misurazione della temperatura risulta un’operazione autorizzata direttamente dal DPCM e potrà procedervi il datore di lavoro, anche mediante apparecchi automatici, purché vi sia una valutazione di impatto privacy a monte.
Per altri mezzi diagnostici, ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori, si ritiene necessario, invece, l’indicazione del medico competente, in considerazione del suo ruolo nella valutazione dei rischi e nella sorveglianza sanitaria.
Tali prescrizioni dovranno confluire nel Protocollo di sicurezza anti-contagio.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con messaggio del 13 marzo 2020, ha invitato, ritenendola “utile” per esigenze di natura organizzativa/gestionale, alla redazione, in collaborazione con il Servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, di un piano di intervento o una procedura per un approccio graduale nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione, basati sul contesto aziendale, sul profilo del lavoratore o soggetto equiparato, assicurando al personale anche adeguati dispositivi di protezione individuale.
Per provvedere, dunque, all’applicazione del paragrafo 12 del Protocollo Condiviso, “nel rispetto della privacy”, si ritiene che:
- il medico competente comunica solo ed esclusivamente i dati indispensabili per tutelare il dipendente, in situazioni particolari, dal rischio di contagio Covid-19, ovvero, si limita alla comunicazione al datore di lavoro la ricorrenza di eventuali situazioni di “fragilità e patologie attuali o pregresse” con riferimento ad uno o più dipendenti, con l’obiettivo di richiedere una particolare protezione per gli stessi; in ogni caso, il medico competente non comunica al datore di lavoro le specificità e/o le origini causali cliniche/sanitarie delle dette “fragilità e patologie attuali o pregresse”, limitandosi a richiedere al datore di lavoro, anche in osservanza delle “indicazioni delle Autorità Sanitarie”, l’adozione di particolari misure di sicurezza e protezione del/dei lavoratore/i oggetto di tutela privilegiata della salute;
- il medico competente informa, con qualsiasi mezzo, anche per telefono o con un mezzo di comunicazione elettronica, il dipendente che sta per procedere alla comunicazione di cui al punto 1), assicurandolo sulla tutela della sua salute sul posto di lavoro e allo stesso tempo della sua privacy in merito alle specificità e/o le origini causali cliniche/sanitarie delle “fragilità e patologie attuali o pregresse” che lo riguardano;
- il medico competente procede alla comunicazione al datore di lavoro del nominativo dei lavoratori che meritano una tutela privilegiata della loro salute perché affetti da “fragilità e patologie attuali o pregresse” e raccomanda al datore di lavoro l’adozione di particolari misure di sicurezza e protezione a favore degli stessi;
- il datore di lavoro, sentito il DPO, se nominato, deve istituire un canale dedicato per raccogliere e processare tale comunicazione, dandone immediata informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, affinché questi adotti senza ritardo le misure di sicurezza e protezione raccomandate dal medico competente, così come le “indicazioni delle Autorità Sanitarie”;
- il datore di lavoro, in ossequio ai principi inderogabili della necessità e limitazione, individua il minor numero possibile di autorizzati al trattamento dei dati comunicati dal medico competente per l’adozione delle misure di cui al punto 4); l’autorizzazione può essere impartita anche oralmente;
- il datore di lavoro utilizza i dati comunicati esclusivamente per la tutela della salute del dipendente e al fine di contenere la diffusione del contagio Covid-19 nonché per adottare, al medesimo fine, i necessari provvedimenti organizzativi finalizzati alla tutela della salute dei dipendenti tutti e, in particolare, dei dipendenti affetti da “fragilità e patologie attuali o pregresse” meritevoli di tutela privilegiata;
- il datore di lavoro informa, con qualsiasi mezzo, anche per telefono o con un mezzo di comunicazione elettronica, il dipendente di avere ricevuto la comunicazione del medico competente e che potrà chiederne la cancellazione in qualsiasi momento;
- i dati di cui al precedente punto 1) devono essere conservati in maniera tale che non possano avervi accesso le persone non autorizzate;
- in qualsiasi momento il lavoratore ha il diritto di chiedere, mediante un canale di comunicazione di facile e pronto utilizzo, di accedere ai dati comunicati la cancellazione dei dati;
- in ogni caso, i dati devono essere cancellati dal datore di lavoro al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, dandone comunicazione al medico competente, al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e al lavoratore;
- Si ritiene, infine, che il paragrafo 12 del Protocollo Condiviso vada sempre e comunque interpretato ed applicato nel senso quanto più possibile armonizzato, e pertanto se ed in quanto compatibile, con gli obblighi posti a carico del datore di lavoro, del lavoratore e del medico competente, previsti rispettivamente dagli articoli 18, 20 e 25 del D. lgs. 81/2008.
Aggiornamento della Valutazione dei Rischi: il DVR
Il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL, per parte sua, nelle linee guida pubblicate il 23 aprile 2020, ritiene che il DVR vada aggiornato, almeno nella sostanza, anche tramite un’appendice che tenga conto del rischio di esposizione all’agente patogeno.
Per l’RSPP e il Medico Competente è importante coinvolgere DPO (ove presenti) e Responsabili Privacy nell’adozione dei protocolli di sicurezza sanitaria e nell’analisi dei rischi, al fine di individuare ed applicare le corrette procedure anche in tema di Protezione dei Dati Personali.
Responsabilità Civile e Penale del Datore di Lavoro per infezione da COVID19
È importante infine sapere che l’INAIL ha stabilito che, l’Infezione da COVID-19, qualora venga comprovato che sia stata contratta sul luogo di lavoro (ivi compreso il trasferimento da e per), è ricondotta ad INFORTUNIO sul LAVORO ma, solo in caso di grave dolo o colpa, può discendere automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro.
Siccome la questione aveva sollevato non poche e giustificate apprensioni scatenando svariati dibattiti sul tema, INAIL ha chiarito il 15 Maggio in un comunicato stampa la sua posizione in merito alla Responsabilità Civile e Penale del datore di lavoro per infezione da COVID19.
Il mio WEBINAR “COVID-19 e lavoro” su YouTube
Se vuoi vedere la registrazione del Webinar di Luglio, organizzato in collaborazione con la società di cybersecurity Hermes, lo trovi sul mio canale YouTube al seguente indirizzo:
Fonte documenti e modelli: Federprivacy
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Leggendo il vademecum , spero che non sia stata una svista … non si fa menzione del fatto che l’App per verificare la validità del Green Pass sul posto lavoro o in alcuni esercizi pubblici debba essere installata su un dispositivo dell’azienda . Purtroppo ciò non sta accadendo e, laddove bar, ristoranti o altri esercizi ne siano sprovvisti , i Titolari permettono ai dipendenti verificatori , molto spesso non autorizzati con formale documento di nomina , di usare i loro dispositivi personali come strumento per la verifica Spero sia veramente una mia svista !
Buongiorno Agata,
l’articolo a cui fa riferimento è relativo agli adempimenti COVID 2020 (vedi rif. normativi) quindi non si cita il Green Pass.
Il vero articolo specifico sul Green Pass uscirà in questi giorni.
In ogni caso l’installazione su un dispositivo aziendale non è indicato come misura obbligatoria nei decreti, comunque rientra nelle buone prassi di sicurezza informatica e va indicata nelle procedure.
Grazie dell’annotazione comunque.
Saluti Marco G.